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Aa. Vv., Estudios sobre la «Centesimus annus», a cura di F. Fernandez, Unión Editorial, Madrid 1992, pp. 733.

fascicolo I, volume 3 (1994), pp. 157-159.
Recensioni

Aa. Vv., Estudios sobre la «Centesimus annus», a cura di F. Fernandez, Unión Editorial, Madrid 1992, pp. 733.

L’importanza della filosofia per uno sviluppo teorico e pratico della dottrina sociale della Chiesa è stata più volte ricordata dal Magistero ecclesiastico. Al n. 54 dell’enciclica Centesimus annus si legge: «le scienze umane e la filosofia sono di aiuto per interpretare la centralità dell’uomo dentro la società e per metterlo in grado di capir meglio se stesso, in quanto “essere sociale”»; e più avanti, nello stesso numero: la Chiesa «valendosi di tutti gli apporti delle scienze e della filosofia, si propone di assistere l’uomo nel cammino della salvezza». Non c’è pertanto da stupirsi che questa raccolta di studi sull’enciclica Centesimus annus si trovi piena di apporti filosofici. Nel giugno del 1991, un mese dopo la pubblicazione del documento, Fernando Fernández — già coordinatore di altri due volumi di commenti alla Laborem exercens e alla Sollicitudo rei socialis — assunse l’iniziativa di preparare l’opera presentata: trenta studiosi ed esperti di materie affini alla dottrina sociale (teologi, filosofi, imprenditori, sociologi, ecc.) cominciarono a preparare i propri contributi, che sono ora culminati in questo volume. Esso ha le caratteristiche di un’opera versatile ed unitaria: versatile per la diversità di punti di vista da cui scrivono gli autori, che abbracciano un insieme molto vasto — benché non esaustivo — di temi propri dell’insegnamento sociale cristiano e, più specificamente, dell’enciclica Centesimus annus; e unitaria al contempo per la metodologia impiegata, che è consistita nel vicendevole scambio dei lavori al fine di suggerire chiarimenti e modifiche, per arrivare ad un’esposizione più chiara e completa dei concetti; ciò viene evidenziato anche dai frequenti rimandi che gli autori fanno ad altri articoli del volume; tale unità è inoltre conseguenza della presenza costante in ogni studio di ciò che costituisce la chiave essenziale dell’insegnamento sociale cristiano: la dignità della persona umana, sottolineata più volte nella Centesimus annus. Sarebbe molto interessante mostrare tutti i pregi dell’opera in questione; tuttavia qui vogliamo soltanto soffermarci su cinque punti, più direttamente collegati con l’ambito filosofico. La dignità umana, chiave della dottrina sociale della Chiesa, svanisce se non viene sorretta da un’autentica antropologia; perciò negli studi presentati abbondano i riferimenti antropologici, poiché ogni tentativo di creare un ordine sociale giusto che sia indifferente riguardo alla verità ontologica dell’uomo è condannato all’insuccesso; difatti, il prof. Illanes attribuisce il fallimento storico del socialismo alla sua deficiente antropologia, che considera l’uomo come semplice molecola dell’organismo sociale e conseguentemente riduce il suo sviluppo al mero progresso socioeconomico; una vera antropologia, invece, sottolinea l’importanza della libertà umana e, pertanto, la centralità dell’etica. Tale deve essere la chiave ermeneutica dei sistemi economico-sociali che, appunto per questo, devono trovarsi aperti alla dimensione trascendente dell’uomo: di qui la necessità, anche nel campo socioeconomico, di porre in risalto la realtà e le conseguenze della Creazione, del peccato e — già in ambito più propriamente cristiano — dell’Incarnazione, della Redenzione e dell’escatologia. La necessità nell’ambito sociale di analisi rigorosamente scientifiche e di operazioni decise non toglie, anzi esige la totale affermazione della verità sull’uomo. Ciò viene anche sottolineato da F. Basáñez, che illustra il fondamento antropologico dell’economia di mercato a partire della dimensione di donazione propria della persona. Da questa premessa antropologica fondante è necessario dedurre i modi propri dell’agire umano nella vita sociale, come evidenzia Rubio de Urquía. Per l’A., la dottrina sociale cristiana possiede, tra le altre virtù, una che è specialmente importante nell’attuale momento storico così impregnato di confusioni e di equivoci: la virtù di mostrare senza ambiguità le implicanze che la nozione cristiana di esistenza umana ha per la vita personale e sociale. Essa insegna che l’azione umana induce nella struttura della società un processo dinamico sommamente caratteristico che, dispiegandosi nell’azione sociale, produce istituzioni e risultati; questi fanno risaltare l’interdipendenza esistente nella società contemporanea, che deve essere capita come un tutto organico: non può pensarsi la questione operaia, la questione ecologica, ecc., come questioni disgiunte; hanno certo una propria specificità, ma le cause di fondo sono comuni. Ciò comporta la ricerca del senso dell’agire come ordinazione proiettiva e cosciente verso il fine ultimo della persona, attraverso tutte le sue azioni; di qui l’A. deduce diverse implicanze morali che devono orientare gli atteggiamenti delle persone e delle società. Atteggiamenti che terranno conto, contemporaneamente, dell’uso ecologico dei beni terreni, dell’interdipendenza e solidarietà di tutta la famiglia umana, dei diritti di ogni persona e del suo sviluppo integrale, del fine ultimo trascendente; soltanto così verranno considerati, nell’agire sociale — anche economico —, tutti i fattori umani che, a lunga scadenza, risultano essenziali per la vita della società. J. de Garay, studiando l’etica sociale proposta dalla Centesimus annus, cerca la razionalità primigenia che articola tutta la vita pratica dell’uomo, per poi mostrare qual è l’autonomia personale nei diversi ambiti in cui si sviluppa l’agire umano. L’A. esamina le diverse logiche di questo agire, al fine di cercare la logica prima che dia unità alla pluralità di logiche e, al contempo, che spieghi le differenze tra le logiche. Questo studio lo porta a concludere che, in un senso teologico, la logica prima è la logica trinitaria, che esprime il più alto grado di comunicazione; dal punto di vista umano la logica più importante sarà ugualmente di comunicazione, con Dio e con il prossimo — logiche della soggettività —, mentre le logiche riguardanti le cose devono subordinarsi alle prime. La comunicazione con le altre soggettività può parlare un linguaggio di violenza (quando gli altri vengono considerati un male, una limitazione o soltanto un bene per me), o un linguaggio di rispetto (quando gli altri sono considerati un bene in sé); questo rispetto si può mostrare in diversi modi, ad esempio attraverso la politica, il mercato, il gioco, ecc.; tuttavia la comunicazione risulta più perfetta attraverso la logica del donarsi, che niente esige dalle altre soggettività. Tale deve essere, pertanto, la logica primigenia dell’agire umano, che viene articolata tramite la moralità, e che include gli atti primi con i quali si determinano le altre logiche. Una questione importante della vita sociale consiste nell’impostare correttamente i rapporti tra libertà e verità; tale questione viene sollecitamente ricordata dall’enciclica e studiata in questo trattato principalmente, anche se non unicamente, da Ollero e da Gómez Pérez. Di fronte al frequente, e quasi sempre acritico, abbinamento tra relativismo e democrazia, occorre organizzare una democrazia non soltanto funzionale, ma sostanziale, che non finisca in un totalitarismo più o meno subdolo, ma che rispetti i valori oggettivi della dignità personale, i diritti delle minoranze, il discorso politico franco, insomma che dia luogo ad una società aperta. Questo è il caso del cristianesimo, che propugna una distinzione senza separazione tra sacro e profano, la quale non va confusa con la dualità pubblico-privato, giacché il sacro è anche pertinente nell’ambito pubblico, mentre va differenziato dal profano; questo gode di un’autentica autonomia, che non significa indipendenza da Dio. Conseguentemente, accettare l’esistenza di verità immutabili, religiose o profane, naturali o soprannaturali, non è di per sé fondamentalismo; anzi, la negazione di questa possibilità si deve reputare come un’infermità della libertà. Inoltre, e pensando concretamente alle verità rivelate, risulta chiaro che il Vangelo apre un ampio ventaglio alle forme politiche, il cui unico limite si configura nella ricerca del bene integrale delle persone; perciò, cristianesimo e pluralismo democratico sono vie convergenti. Il senso della dottrina sociale cristiana non può prescindere dalla sua dimensione teologale, che tuttavia non esime dall’uso della ragione, tanto più che va anche indirizzata ai non credenti; difatti tale dottrina include un contenuto intelligibile a livello razionale, strutturato da un chiaro realismo di base e dalla comprensione dei fattori morali umani, che permette di aspirare ad un accordo con i non credenti su questioni sociali rilevanti. Ciò porta il prof. Polo a mostrare, in accordo con la Centesimus annus, la possibilità di un ordine internazionale armonico; perciò, con le premesse suddette, l’A. cerca di spiegare filosoficamente alcune conclusioni che favoriscano questo ideale della vita sociale. Egli parte della distinzione tra ominizzazione e umanizzazione, e fa vedere che le culture vengono determinate dal rapporto che esiste tra l’essere personale e la specie umana: se invece di concepire l’uomo come essere personale e sociale lo si pensa come essere per la specie, l’umanizzazione regredisce; al contrario, la difesa della dignità umana, l’apertura al dialogo, l’intensificazione dei diversi tipi di comunione — anche quella soprannaturale della comunione dei santi — favoriscono il processo di umanizzazione, sviluppando le prospettive aperte dalla Centesimus annus; tra queste, l’A. sottolinea l’importanza della famiglia, dell’impresa e dell’università come fattori di crescita in umanizzazione. Possiamo riassumere la nostra presentazione di quest’opera dicendo che si tratta di un libro importante per l’insegnamento sociale cristiano, di grande densità filosofica e che sarà utile, in questo ambito, soprattutto per i cultori dell’etica e dell’antropologia. ENRIQUE COLOM